BANDIT, B.B REID. Estratto in Esclusiva.



TITOLO: Bandit
SERIE: Il duetto rubato #1 
AUTRICE: B.B Reid 
EDITORE: Always Publishing 
GENERE: Dark Romance 
DATA PUBBLICAZIONE: 26 Aprile 2018 
PREZZO: € 13,90 Cartaceo 
PAGINE: 367

Un’eredità scomparsa, 
un figlio rapito,
un segreto pericoloso.
Lei era la sua ossessione.
Mian Ross farebbe di tutto per proteggere suo figlio, e quando capisce di non avere altra scelta,fa la cosa più pericolosa che esista: incrociare di nuovo il cammino di Angel Knight.
Stavolta per derubarlo.
Lui era il suo peggior incubo.
Un uomo tanto potente quanto vendicativo come Angel non può tollerare
che una ladruncola affamata gli sottragga qualcosa di così prezioso. Neanche se a farlo è Mian.
Una ragazza che molto tempo prima aveva protetto e tenuto al sicuro, la ragazza che si era trasformata nella sua più grande ossessione.
Ma stavolta non la farà franca e il prezzo di questa lezione sarà altissimo.
Niente è ciò che sembra.



…sempre una cocca di papà

MIAN
«Chi è venuta a trovare?»
«Mio padre».
«Ho bisogno di un nome, signorina».
«Oh, giusto. Theodore Ross». L’agente all’ingresso cominciò a digitare sulla tastiera.
Per favore, fa’ che il mio nome ci sia.
Due anni e mezzo prima, mio padre mi aveva proibito di ritornare. Immaginavo significasse che avesse fatto rimuovere il mio nome dall’elenco dei suoi visitatori autorizzati, quindi ero qui nella sola speranza che non l’avesse fatto. 
«Okay, signorina Ross. Ho bisogno di un documento di identità valido…» Nascosi il mio sollievo e le porsi la mia patente. «E che mi compili questo». Presi il modulo che mi stava allungando e lo studiai. L’intestazione del foglio diceva: “Avviso ai visitatori”. Ricacciai indietro la bile, quando ricordai di aver compilato un modulo simile prima del suo processo. Nonostante non mi avesse depennata dalla lista, poteva comunque rifiutarsi di vedermi.
Compilai velocemente il modulo e lo restituii all’agente. Lei mi porse la mia patente e mi ordinò di aspettare. Trenta minuti dopo fui condotta ai controlli, col sollievo che ritornò a investirmi, seguito subito dopo dall’ansia. Non lo vedevo da quasi tre anni.
Avrebbe avuto lo stesso aspetto? La stessa voce?
Osavo sperare che sarebbe stato felice di vedermi?
Almeno aveva accettato la visita, il che mi faceva pensare che forse c’era una possibilità che fossi mancata a lui quanto lui era mancato a me. Oltrepassai i controlli e salii in un ascensore piena di altri visitatori e due guardie, fino all’ottavo piano. Mi sudavano i palmi delle mani, così me li strofinai sui jeans e provai a tranquillizzarmi con qualche pensiero incoraggiante. Era mio padre e, nonostante quello che aveva fatto e quanto mi avesse allontanata quando mamma era morta, lo sarebbe sempre stato. Nessuno avrebbe potuto cambiare questa realtà.
Trovare un posto per sedersi fu facile, dal momento che la sala per i visitatori era sostanzialmente vuota. Era iniziato il week-end del quattro luglio, oggi. I parenti incarcerati erano stati dimenticati in favore dei divertimenti da spiaggia.
Scelsi una sedia il più lontano possibile dalle orecchie delle guardie e aspettai con lo sguardo fisso sul tavolo. Il brusio nella sala aumentò, quando i detenuti vennero fatti entrare. Potevo sentire saluti tra le lacrime e scambi di baci. Trattenni il respiro per tutto il tempo.
«Ehi, piccolina».
Mi ero preoccupata per niente. La sua voce non era cambiata nemmeno un po’. Lo avvertii in piedi accanto a me. Volevo saltargli tra le braccia e pregarlo di tornare a casa, ma avevo troppa paura della sua reazione.
«Ciao, papà» sussurrai i miei saluti al tavolo. 
«Ci avrei creduto se almeno mi avessi guardato». 
Merda.
Eccoci qui.
Distolsi lo sguardo dal tavolo. La prima cosa che notai fu il suo petto. Era più grande di quanto ricordassi. La seconda furono le spalle. Erano più larghe. Evidentemente aveva passato il suo tempo a mettere su un po’ di muscoli.
Il mio sguardo continuò il suo viaggio finché non mi ritrovai a fissarlo negli occhi, così identici ai miei. 
Erano più verdi di quanto ricordassi. 
«Ciao, papà».
«Adesso va molto meglio». Allargò le braccia, io balzai su dalla sedia e mi lanciai nella sua presa.
Non avrei pianto.
Piangere era da femminucce.
Spinsi il viso contro il suo petto e cominciai a singhiozzare come una bambina.
«Anche tu mi sei mancata, piccolina». Mi abbracciò quanto poté fino a quando una guardia non ci ordinò di separarci.
Mi strinse ancora una volta e poi si allontanò. Mi erano mancati i suoi abbracci. Ci sedemmo e ci fissammo semplicemente a vicenda finché non scoppiammo a ridere. «Ti trovo bene» commentai. Aveva un bell’aspetto. Non ero certa di cosa mi aspettassi, ma non sembrava che se la passasse così male. 
Lui ignorò il complimento e mi studiò. «Io invece no».
«Che perspicacia, papà».
Non era divertito. «Mian».
«Sei nonno».
L’atmosfera intorno a noi cambiò come se fosse scattato un interruttore. Sbatté le palpebre e si appoggiò allo schienale. Poi sollevò le mani di scatto e se le strofinò sul viso. «No. No. No. No» scandì. «Mian…» Gli si spezzò la voce.
«Mi dispiace, papà».
I suoi occhi brillavano di lacrime non versate. «Com’è successo? Questo non era quello che volevo per te».
«Non ha importanza, adesso. Lui c’è, e abbiamo bisogno del tuo aiuto».
«Lui? È un maschio?»
«Sì. Il suo nome è Caylen Theo Ross».
Gli tremarono le labbra. Provò a sorridere ma fallì. «Hai una foto?»
Feci una smorfia. «No. Mi dispiace. Non pensavo… voglio dire, non ero sicura…»
«Va bene» mi interruppe. «La prossima volta».
No, non andava bene. Non avevo molte foto di Caylen, ma lui aveva il diritto di averne una. «Sì, la prossima volta».
«È per lui che sei qui? Quando è nato?»
«Il 30 ottobre». La confusione segnò i suoi lineamenti. «Cosa c’è che non va?»
«Ma sono passati quasi nove mesi. Perché vengo a saperlo solo adesso?»
«Mi hai proibito di contattarti o farti visita, ricordi? Ora sono qui solo perché non avevo altra scelta».
«Ben avrebbe dovuto dirmelo. È qui con te?» Il suo tono era gelido, adesso. «Vorrei parlare con lui».
«Papà… Zio Ben e zia Gretchen mi hanno sbattuta fuori a calci prima che Caylen nascesse. Non li vedo da oltre un anno».
Si chinò in avanti e ringhiò: «Cosa?»
Oh, Dio.
Presi un profondo respiro per prepararmi alla tempesta. «Zia Gretchen voleva che abortissi, ma era troppo tardi e ho rifiutato, così loro mi hanno cacciata».
Lo guardai stringere tra le mani il bordo del tavolo. Le sue nocche diventarono bianche e il viso rosso per la furia. «Ho dato a quei figli di puttana ogni centesimo che avevo per occuparsi di te. Li ucciderò».
«Papà…» Mi guardai nervosamente intorno. Ero sicura che minacce del genere non venissero prese alla leggera in prigione. 
«Figli di puttana». Strappò via le mani dal tavolo e se le passò tra i capelli. «Non avrei mai dovuto fidarmi a lasciarti a loro. Ma non avevo scelta bambina, devi capire».
«Lo so, papà. È acqua passata ormai».
«Col cavolo che lo è».
«Per favore, calmati».
«Come posso calmarmi? Sei rimasta a vedertela da sola per oltre un anno, e io non ne avevo idea. Te la stai cavando?»
«No, papà. Io… noi… no. Non ho soldi, e siamo quasi senza cibo».
Si accigliò. «E che ne è dei soldi che ti ho lasciato?» I risparmi che papà aveva messo da parte per me nel caso in cui ne avessi avuto bisogno… Quando era stato preso, erano arrivati a ventimila.
«Sono andati».
«Come, sono andati?»
«Non avevo un’assicurazione medica per le visite dal dottore di Caylen. Le nostre spese erano troppe perfino quando riuscivo a tenermi un lavoro. Non avevo amici o parenti che badassero a lui per poter lavorare. C’era solo quello, e non riuscivo a farcela. Mi dispiace. Io…»
«No, piccola. Basta. So che hai fatto del tuo meglio».
«Ma moriremo di fame» avevo la voce incrinata dal pianto.
«Non permetterai che succeda».
Mi misi a sedere più dritta per apparire forte. Ecco che arrivava la parte difficile. «No, non lo farò, e nemmeno tu». 
«Mian… non ho denaro. Tutto ciò che avevo l’ho dato ai tuoi zii per convincerli a prendersi cura di te. Io…»
«Questo lo so, ma c’è un altro modo».
«Quale? Tutto quello che vuoi».
«Il tuo ultimo colpo. Voglio sapere chi era l’obiettivo e quanto denaro c’era in ballo».
«Cosa?»
«Voglio finire quello che hai cominciato».
«No, piccola. Tutto, ma non questo».
«Non dipende più da te. Se non riesco con questo colpo, allora non mi resterà altro che agitare il culo in faccia a qualcuno o venderglielo direttamente. Scegli tu, ma io non lascerò morire di fame mio figlio».
Abbassò le spalle. Forse avevo vinto. «Non era questo che volevo per te».
«Lo so, qualcuno però ha cambiato le carte in tavola mentre non guardavamo, e mi hanno servito una mano diversa».
«È pericoloso. Se lui ti becca, ti ammazza».
Sorrisi nonostante l’avvertimento. Conoscevo il modo di ragionare di mio padre: non riusciva a convincere se stesso a non cedermi, così stava provando prima a farmi cambiare idea spaventandomi. Stavo vincendo.
«Allora non mi farò beccare».
«No, Mian. Non capisci» sottolineò.
«E allora spiegami» ribattei.
«L’obiettivo del colpo… era Art».
Aprii la bocca, ma non emisi un fiato. La mia mente correva troppo veloce per mettere insieme un pensiero completo.
Come era possibile? Papà poteva anche essere finito dentro per l’omicidio di Art, tuttavia una parte di me non aveva mai creduto che fosse colpevole davvero. Quando Bea aveva fatto il suo nome, indicandolo come la persona che aveva sparato dritto al cuore di Art, non ci avevo comunque creduto. Adesso mio padre mi stava dicendo…
«Sei stato tu, non è vero?» Non lo aveva mai ammesso realmente, prima. Mi aveva fatto credere che qualcosa fosse andato orribilmente storto, e che a lui fosse stata addossata la colpa.
I suoi occhi erano tristi e pieni di rimorso. «Porterò la risposta con me nella tomba».
«Non pensi che meriti di sapere perché hai gettato via la tua libertà e rovinato la mia vita per uccidere il tuo migliore amico?» Appena le parole mi uscirono di bocca, desiderai non averle pronunciate. Vidi mio padre sussultare. I suoi occhi si riempirono di dolore.
«Mi dispiace, Mian».
Vederlo in quello stato era troppo, così mi presi la testa tra le mani. «Non avrei dovuto dirlo» sussurrai guardando in basso.
«Quattro anni fa, Art ottenne un grosso cliente. Uno potente. La voce si sparse in segreto in quella cerchia esclusiva e gli affari per Art cominciarono ad andare a gonfie vele. Stava facendo più denaro che mai».
«Chi era questo cliente?»
«È troppo pericoloso».
«Papà…»
«No. Il nome del cliente non è rilevante per questo colpo, e non voglio che ti immischi negli affari sporchi dei politici. Non finisce mai bene».
Sapevo che i Knight facevano anche di peggio che solo grossi furti. I legami con la politica confermavano senza ombra di dubbio che i loro affari fossero diventanti molto più loschi di quanto non dessero a vedere.
«Allora perché tirarlo in ballo?».
«So che sei stata a Crecia».
Battei le palpebre. «Non sapevo che ne fossi al corrente» ammisi colpevole. Mio padre si era allontanato da me, e io avevo iniziato a tenere dei segreti. Entrambi avevamo dei motivi per sentirci in colpa.
«Art raramente mi teneva nascosto qualcosa».
Allora perché ucciderlo?
«Oh».
«A ogni modo, dopo cominciò a guadagnare tonnellate di denaro. Disse che voleva una casa più grande, sperando che così avrebbe convinto Bea a dargli altri figli. La fece costruire e si trasferì con la famiglia».
«Dov’è questa casa?»
«Bea amava Crecia, perciò lui scese a un compromesso e fece costruire la nuova casa nella zona isolata della città». 
Dove gli autobus non passavano, e io non avrei potuto arrivarci a piedi… Fantastico.
«Ho bisogno dell’indirizzo». Lo snocciolò senza esitazione, e io lo memorizzai. «Quanto?»
«Scusa?»
«Quanto denaro stavi inseguendo?»
Esitò, e riuscivo quasi vedere la sua mente al lavoro. «Cosa ti fa pensare che ci sia ancora del denaro, lì?»
«Del denaro magari no, ma deve esserci qualcosa di valore».
Doveva aver avvertito la mia disperazione. Piegò la testa e mi guardò stringendo gli occhi. «Quando farai il colpo?»
«Domani».
Si piegò in avanti e sibilò: «Sei fuori di testa? È troppo rischioso. Non hai esperienza, e nemmeno un piano per mettere a segno un colpo così presto. Ti farai ammazzare!»
«Art è morto».
«Suo figlio no».

I PROSSIMI ESTRATTI ESCLUSIVI POTRETE LEGGERLI SUL BLOG:
 CHIARA'S BOOK BLOG il 22 aprile
e su VANITI ROMANCE il 24 aprile



Nessun commento